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11 Febbraio 2023

10 FEBBRAIO – GIORNO DEL RICORDO

Il 10 febbraio ricorre il Giorno del ricordo, istituito dal governo italiano con la legge 92 del 30 marzo 2004 con la volontà di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della spinosa controversia del confine orientale.

 

Le foibe sono cavità naturali, profonde centinaia di metri che si trovano nella regione del Carso tra il Friuli-Venezia Giulia e le odierne Slovenia e Croazia. Lì, a partire dal crollo del regime fascista nel 1943, furono compiuti massacri contro la popolazione italiana a opera dei partigiani comunisti iugoslavi del maresciallo Tito, il rivoluzionario filo sovietico che, con la fine della seconda guerra mondiale, sarebbe diventato dittatore della Iugoslavia fino al 1980. Secondo i soldati di Tito, tutti gli italiani che si trovavano in quei territori, Istria e Dalmazia, erano fascisti e nemici del comunismo e per questo motivo furono considerati nemici della Jugoslavia. Gli Italiani così ”dimenticati” furono arrestati, torturati e gettati nelle Foibe. Molti Italiani riuscirono a trovare asilo in Italia ma molti non ebbero il tempo di abbandonare le proprie case e fuggire. Furono “infoibati” o deportati nei campi di concentramento in Slovenia o Croazia. Circa 250 mila furono gli esuli italiani.

 

Ricordiamo l’esodo attraverso le parole di MARISA MADIERI, esule di Trieste che ricorda quei tragici momenti nel suo libro: VERDE ACQUA

 

 

Tra il 1947 e il 1948 a tutti gli italiani rimasti ancora a Fiume fu richiesta l’opzione: bisognava decidere se assumere la cittadinanza jugoslava o abbandonare il paese. La mia famiglia optò per l’Italia e conobbe un anno di emarginazione e persecuzioni.
Fummo sfrattati dal nostro appartamento e costretti a vivere in una stanza con le nostre cose accatastate. I mobili furono venduti quasi tutti in previsione dell’esodo. Il papà perse il posto e, poco prima della partenza, fu imprigionato per aver nascosto due valigie di un perseguitato politico che aveva tentato di espatriare clandestinamente e, catturato, aveva fatto il suo nome. Con la sua consueta ingenuità, il papà si fece cogliere con le mani nel sacco.
Quei mesi di vita sospesa, non più casa e non ancora del tutto altrove, furono da me vissuti con un profondo senso di irrealtà, non con particolare sofferenza.

[…] È così che ricordo la mia Fiume – le sue rive ampie, il santuario di Tersatto in collina, il teatro Verdi, il centro dagli edifici cupi, Cantrida – una città di familiarità e distacco. Tuttavia, quei timidi e brevi approcci, pervasi di intensità e lontananza, hanno lasciato in me un segno indelebile. Io sono ancora quel vento delle rive, quei chiaroscuri delle vie, quegli odori un po’ putridi del mare e quei grigi edifici. Per molti anni dopo l’esodo non ho più rivisto la mia città e l’ho quasi dimenticata, ma quando ho avuto l’occasione di passare per Fiume […] ho provato la chiara sensazione di ritornare nella mia verità. […]
Nell’estate del 1949, ottenuto il visto per l’espatrio e dopo una breve visita a papà in carcere, partimmo da Fiume – mia madre, mia sorella, io e la nonna Madieri, già molto anziana e malata di cancro.

 

 

 

10 FEBBRAIO – GIORNO DEL RICORDO
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